"L'Unità" legge il Sessantotto come i fascisti

23.05.2008 16:56
"L'Unità" legge il Sessantotto come i fascisti
 

Guido Caldiron
Operazione di mercato che strizza l'occhio ai tempi o consapevole incursione sul terreno del revisionismo storico? Forse nessuna delle due. Dall'imbarazzo che circonda la vicenda si potrebbe ipotizzare anche una semplice patacca rifilata a un giornale che però avrebbe dovuto accorgersene prima. In ogni caso una vicenda destinata a far discutere. E a ragione.
Sabato L'Unità sarà in edicola con un documentario annunciato come "un capolavoro del nostro cinema d'autore", dal titolo Sessantotto. L'utopia della realtà , diretto da Ferdinando Vincentini Orgnani. Peccato che l'opera, prodotta dall'Istituto Luce è già uscita sotto forma di un libro più due Dvd nel 2006, si basi sulla ricostruzione storica del '68 compiuta da Adalberto Baldoni, già esponente del Movimento Sociale Italiano, storico e giornalista da sempre legato al mondo neofascista. Uno che sul Sessantotto, come sul resto della storia nazionale a cui ha dedicato una mezza dozzina di libri, ha sempre avuto le idee chiare: vale a dire rivendicare la presenza dei giovani di destra in quel movimento. Anche perché per la memoria del neofascismo quella del '68 resta una pagina aperta, da riscrivere e riconquistare, come illustrano le recenti sortite di Fini - "all'epoca perdemmo un'occasione, non capendo i giovani" - o del neosindaco della Capitale Alemanno che, ricevendo in Campidoglio il poeta della Beat generation Ferlinghetti, ha parlato dell' "anima del Sessantotto uccisa dal marxismo".
Due gli elementi su cui i neofascisti hanno sempre puntato per defire il "loro '68": la rivendicata presenza di alcuni di loro durante gli scontri di Valle Giulia il 1 marzo di quell'anno e l'identità "non ideologica" del debutto della contestazione giovanile. Così, a titolo di esempio, nell'introdurre la sua ricerca su quella stagione Baldoni scrive: «A giudizio del filosofo Armando Plebe, un passato trascorso prima nel Pci e successivamente nella Destra nazionale, tra il Sessantotto americano e quello europeo è necessario fare una notevole distinzione, anche se tutto ha avuto origine nelle università californiane: "Quello americno era fondamentalmente pacifista, anche se contestava l'autoritarismo accademico, anche se era contrario alla guerra nel Vietnam. Quello europeo, invece, era essenzialmente bellicoso. Nelle piazze cercava lo scontro, predicava la violenza... Basta osservare ciò che è successo nel corso del maggio francese". E intervistato dal quotidiano di An, il Secolo d'Italia , l'ex esponente della destra nazionale presenta così la sua ricerca: «il '68 è stato molto strumentalizzato a fini politici, specialmente a sinistra. Io volevo che si accertasse in maniera inequivocabile che in Italia la contestazione come rivolta culturale e sociale è morta con dei gruppi extraparlamentari di sinistra, quando è stata ideologizzata».
Per Baldoni, già dirigente dell'organizzazione giovanile missina la Giovane Italia alla fine degli anni Cinquanta, per oltre trent'anni nel Comitato centrale del Msi, eletto cinque volte consigliere missino in Campidoglio, la "conquista" del '68 ha un valore tutt'altro che simbolico: «sono convinto che quella battaglia - spiega oggi - abbia dato buoni frutti. Se Mario Capanna, che era uno dei più duri antifascisti, ha accolto la vittoria di Alemanno a Roma con favore vuol dire che determinati personaggi di spicco hanno riconosciuto l'affermazione del nuovo». Più in generale, per l'intera estrema destra italiana, si tratta di affermare una presenza nella storia dei movimenti giovanili che altrimenti sarebbe testimoniata soltanto dalla strategia violenta e terroristica che caratterizò questo ambiente lungo una fase storica che va dalla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre del 1969 fino a quella alla stazione di Bologna del 2 agosto del 1980. Non a caso sui muri di Roma alla fine degli anni Settanta i "ragazzi" della nuova destra scrissero con rabbia "Caradonna '68, Lama '77", ricordando come l'attacco alla Facoltà di Lettere lanciato la mattina del 16 marzo del 1968 dagli attivisti missini, armati di spranghe e bastoni e guidati da Giulio Caradonna e Giorgio Almirante, sia l'immagine plastica con cui è ancora oggi ricordato il maggiore contributo dei neofascisti al maggio italiano.
L'operazione revisionista non può prescindere da questa realtà e perciò sceglie di farne un frammento come tanti del racconto di quella stagione: un po' come accade con altre parti della storia nazionale, ricomposta e piegata agli interessi di una destra oggi vincente. Così nel documentario girato da Vincentini Orgnani sulla base della ricostruzione storica di Baldoni, accanto alle interviste a Adriano Sofri, Luciana Castellina, Enzo Mazzi, Massimo Cacciari, Oreste Scalzone, Erri De Luca e molti altri, trovano posto quelle all'ex parlamentare missino Giulio Caradonna, all'ex dirigente degli universitari di destra, Guido Paglia, a Mario Michele Merlino e Stefano Delle Chiaie entrambi tra gli esponenti di spicco di Avanguardia Nazionale, allo storico Giano Accame, allo scrittore Fausto Gianfranceschi e a Alberto Rossi, tutti esponenti del mondo neofascista di allora.
La fotografia che ne emerge è perciò quella di un Sessantotto a due colori: un prima parte dove il nero è fortemente visibile, una seconda dove il rosso copre tutto. La vulgata dell'estrema destra trova infatti conferma nelle interviste del documentario: in particolare quella secondo cui agli scontri di Valle Giulia avrebbero preso parte anche gli attivisti del Fuan-Caravella, il gruppo che riuniva i missini dell'Università di Roma e altri giovani vicini a Avanguardia Nazionale. Il '68 avrebbe perciò avuto all'inizio, secondo questa ricostruzione, più il carattere di una rivolta generazionale, che non quello di fenomeno sociale di rottura che si imporrà più tardi. Da qui l'attenzione con cui da destra si è sempre guardato alle parole che a quella giornata dedicò Pier Paolo Pasolini. «Uno dei pochi a capire la vera natura della battaglia di Valle Giulia fu Pasolini che avvertiva fino in fondo l'alterità di quei giovani da sé e dalla sinistra di classe - scrivono ad esempio due giornalisti di destra come Luciano Lanna e Filippo Rossi in Fascisti immaginari (Vallecchi, 2003) - "Bella vittoria, dunque la vostra", ironizzava il poeta friulano scagliandosi contro i giovani di Valle Giulia in una poesia pubblicata su "Nuovi Argomenti" : "Avete facce di figli di papà / vi odio come odio i vostri papà (...) Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte / coi poliziotti / io simpatizzavo con i poliziotti». «Il poeta friulano - precisano Lanna e Rossi - comprendeva meglio di altri, sia pure, magari, in modo viscerale e tutto emotivo, la vera natura del '68, la sua irriducibilità agli schemi e ai valori dell'illuminismo progressista e, a maggior ragione, del marxismo».


Liberazione 23/05/2008

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